La sfida dell’integrazione nella Scuola italiana

La Scuola italiana è in fermento tra proteste studentesche legate al Covid, e manifestazioni di solidarietà per gli abusi dei professori. In questo marasma, ci siamo mai chiesti come vivono gli alunni immigrati in Italia? La Scuola italiana, intesa come istituzione e diritto pubblico regolato dall’Articolo 34 della Costituzione italiana, è fonte di numerose critiche da sempre. A livello europeo, la qualità dell’insegnamento italiano è sotto la media. L’organico, inteso come docenti, personale ATA e tecnici di laboratorio, è tra i più precari e sottopagati del vecchio Continente. Le strutture scolastiche sono state per molto tempo al centro di un dibattito pubblico a causa della loro fatiscenza e mancata manutenzione. Insomma, il quadro non è dei migliori. A queste sfide ormai strutturali della Scuola italiana, si aggiungono nuovi temi come il Covid, lo smart learning, e conseguentemente l’impreparazione del personale docenti nella gestione delle classi online, l’alto tasso di analfabetismo funzionale degli studenti e così via. In questo tripudio di problematiche, vorremmo proporre ai nostri lettori un tema a noi molto caro, ovvero l’integrazione degli alunni stranieri nelle classi italiane. La condizione degli studenti immigrati in Italia Anche questo argomento è stato molto discusso dall’opinione pubblica del Bel Paese. La notorietà del tema, infatti, è soprattutto legata alla debacle del disegno di legge sullo Ius Soli, sabotato dal Parlamento italiano nel 2019. In questo contesto, figlio di un’estate politica travagliata a causa degli sbarchi dei migranti sulle coste italiane, venne presentato anche il tema dell’inclusione degli immigrati nelle classi italiane. Come spesso avviene, il tema perse il suo appeal e ricadde nel dimenticatoio dell’opinione pubblica, ma i problemi persistono. Il 10% degli studenti iscritti alla scuola dell’obbligo, in Italia, è composto da immigrati. Parliamo di 800 mila studenti, che affrontano problemi quotidiani legati all’inclusione sociale, alle precarie condizioni economiche delle famiglie d’origine, alle barriere linguistiche e culturali e, purtroppo, alla dispersione scolastica. Un caso emblematico è quello della Lombardia, in cui il 25% degli studenti iscritti alla scuola dell’obbligo non ha la cittadinanza italiana, il che li rende immigrati anche essendo nati in Italia. Una caratteristica che accomuna molti di questi studenti è l’inserimento nel sistema scolastico italiano. Questi ragazzi e bambini, a causa delle problematiche sopraelencate, molto spesso sono costretti a subentrare ritardo rispetto alla loro età. Questa strategia, il cui fine è quello di far ambientare gli alunni stranieri e colmare il divario di apprendimento parziale, molto spesso non trova riscontro concreto. Il risultato sono degli studenti che si diplomano in ritardo e con dei problemi di inclusione legati alla convivenza con compagni di classe molto spesso più piccoli di loro, alimentando i pregiudizi legati ai ripetenti. In questo contesto cupo, fortunatamente, c’è una galassia di associazioni che si occupano di supportare gli alunni stranieri in Italia, favorendone l’inclusione sociale, supportandoli economicamente e aiutandoli nello studio.

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