Lo Ius soli sportivo: l’ultima frontiera dello sport italiano

Sono appena terminati i Giochi Olimpici nella terra del Sol Levante e il nostro Paese ha scoperto che, nella delegazione italiana, era presente una importante percentuale di atleti di origine straniera, naturalizzati dopo dieci anni di permanenza continuativa in Italia o con la cittadinanza ottenuta al compimento della maggiore età, come figli di immigrati residenti da tanti anni nella nostra nazione. Si è aperto un dibattito sullo Ius Soli sportivo, portato avanti dal Presidente del CONI, Malagò, sulla possibilità di far coincidere il tesseramento sportivo, che è possibile per i minori non italiani con un’età inferiore ai dieci anni, e il riconoscimento della cittadinanza italiana. Lo Ius Soli è un argomento che da diversi anni anima la vita politica del nostro Paese, ma che incontra vari ostracismi dovuti alla “paura” di perdere il proprio elettorato o alla mancanza di coraggio da parte di chi propone una regolamentazione del settore in oggetto. Lo sport cerca, quindi, come ha sempre fatto, di unire le posizioni, di smussare gli angoli più ruvidi e di tendere una mano all’integrazione e alla multiculturalità che rappresenta un elemento imprescindibile del tessuto sociale di un Paese democratico.

Come funziona nel resto d’Europa?

Nel Vecchio Continente sono diversi i Paesi che adottano questo Ius Soli che potrebbe essere definito “temperato”, per concedere la cittadinanza. Per esempio, in Francia, la cittadinanza viene rilasciata a chi è nato sul territorio transalpino al compimento della maggiore età, purché al momento della nascita i genitori risultassero titolari di un regolare Permesso di soggiorno o che il ragazzo risieda in Francia da almeno cinque anni continuativi. In Germania, invece, la cittadinanza viene rilasciata ai figli di cittadini stranieri qualora sussistano essenzialmente due condizioni: la prima è che almeno uno dei due genitori risieda legalmente in Germania da almeno otto anni; la seconda è che lo stesso possieda un titolo di soggiorno valido da almeno tre anni. Passando alla Penisola iberica notiamo come lo Ius Soli abbia forme ancora più elastiche, prevedendo nella fattispecie in Spagna che un bambino nato da genitori stranieri, possa avere la cittadinanza dopo un solo anno di residenza degli stessi sul territorio; in Portogallo, invece, basta una semplice dichiarazione fornita dai genitori nella quale richiedano espressamente di volere diventare cittadini portoghesi, sempre con il requisito minimo che almeno uno dei due risieda da due anni sul territorio lusitano. È assolutamente ora di affrontare in modo deciso e finalmente risolutivo la questione anche nel nostro Paese: chi viene alla luce, cresce e frequenta le scuole fino alla maggiore età in Italia, è da considerare a tutti gli effetti un cittadino italiano sin dalla sua nascita.

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