Il mercato del lavoro italiano è caratterizzato da diversi fattori negativi che lo rendono poco competitivo a livello europeo. Senza entrare nel dettaglio di un’analisi che poco si addice ai temi del nostro sindacato, oggi analizzeremo uno fattore critico del mondo del lavoro italiano, ovvero il precariato. Si tratta di una
piaga trasversale del mercato del lavoro, che tocca diversi comparti del sistema produttivo. Quello del precariato è un tema peculiare e altalenante, che assume dimensioni rilevanti al grande pubblico solo in prossimità delle campagne elettorali. Lavorando nell’ambito della formazione, oggi proveremo a capire in cosa consiste questo fenomeno, chi ne è afflitto, e quali forme prende.
Cosa si intende per precariato
Cosa significa essere precario? Il precariato è una condizione lavorativa con grosse ripercussioni sulla vita privata. Per precariato si intende la
condizione di incertezza economica e conseguentemente sociale, che scaturisce da contratti lavorativi a tempo determinato. Come accennato precedentemente, il precariato non è riconducibile a un settore in particolare, ma in quanto condizione di diversi ambiti del sistema-lavoro Italia, è infra-settoriale. Ci sono lavoratori precari in ogni ambito lavorativo, dalle fabbriche ai servizi, dalla Pubblica Amministrazione al settore privato, dalla Sanità alla Scuola.
Chi sono i lavoratori precari?
Qual è il problema del lavoro precario? Prima di addentrarci nei meandri di questo concetto, è necessaria una premessa: si tratta di un tema enorme. Proprio partendo da questo presupposto, la definizione che abbiamo utilizzato in precedenza era appositamente ampia, semplice e vaga. Come spesso accade, però, le cose non sono mai semplici e le casistiche possono variare. Un lavoratore con un
contratto a tempo determinato a 3 anni rientra nella definizione di precario così come un docente che accetta un incarico di 3 mesi nel mondo della scuola. Ci sono delle differenze sostanziali tra i due esempi che sottoponiamo, ma entrambi rientrano nella definizione di lavoratori precari.
Di quali precari parliamo
Nel nostro Paese, nel primo semestre del 2023, sono stati assunti a tempo determinato
4.2 milioni di lavoratori, mentre le trasformazioni a tempo indeterminato sono state 340 mila. I numeri, riportati dal
l’Osservatorio sul Precariato dell’ INPS, raccontano di un forte disallineamento tra contratti a tempo determinato e a tempo indeterminato. Per quanto ampio possa risultare il mondo del precariato in Italia, per poter descrivere al meglio di cosa si tratta, è necessario usare una categoria-esempio. Tra le tante a nostra disposizione, prenderemo ad esempio una categoria di lavoratori a noi molto cara, ovvero quella dei docenti.
Il precariato nel mondo della scuola
Quello del docente è un lavoro estremamente importante nell’organicità della nostra società. I docenti sono dei professionisti che hanno il compito di insegnare alle generazioni future non solo delle nozioni, ma anche ad essere
cittadini in grado di vivere nella società civile. Nonostante l’alto scopo sociale della professione,
non si nasce docenti, ma lo si diventa. Tra le categorie più afflitte dal precariato ci sono proprio i docenti o aspiranti tali. Ogni anno, tra agosto settembre e ottobre, si muove un esercito di giovani e meno giovani che sono costretti a migrare lontano da casa. Il motore di questi spostamenti sono le MAD, acronimo di Messe a Disposizione.
Cosa vuol dire essere un insegnante precario
Il docente precario che riceve un esito positivo dall’invio delle MAD può accettare o rifiutare la convocazione, ma non conosce la durata effettiva dell’impiego. Potrebbe trattarsi di una supplenza settimanale come di una supplenza annuale o di una supplenza trimestrale che si rinnova per l’intero anno scolastico. Chi accetta non è tenuto a saperlo. Se non si ha la fortuna di vivere vicino alla sede nella quale si è stati chiamati, il futuro docente dovrà cercare una casa e trasferirsi, il tutto
senza sapere per quanto tempo lavorerà. Al termine della supplenza, se non si tratta di una supplenza annuale, ricomincia il giro, in alternativa, si è molto fortunati. A settembre ricomincia la giostra fino a quando non si
diventa di ruolo.
Le implicazioni della precarietà
Questo esempio, per quanto semplificato, non è molto diverso dall’esperienza di migliaia di lavoratori precari, ovvero lavoratori che vivono una condizione di
incertezza protesa nel tempo. Questi lavoratori non possono pianificare a lungo termine in virtù della mancanza di continuità lavorativa, e non possono pensare di accendere un mutuo perché non hanno un contratto lavorativo indeterminato. Queste condizioni si ripercuotono sulla vita personale di un lavoratore che potrebbe pensarci due volte prima di “sistemarsi”. Il caso dei docenti è rappresentativo di cosa vuol dire essere precario e di cosa implica questa condizione. Non per caso, sono molti gli studi che riconducono l’inverno demografico italiano al numero di contratti precari nel mercato del lavoro.
Perché c’è precarietà nel mondo del lavoro?
La verità è che il problema della precarietà non è risolvibile, soprattutto in un mercato del lavoro ancora poco “liquido” come quello italiano. Ci sono delle cause strutturali che spiegano la diffusione della precarietà. Questo fenomeno infatti, può essere interpretato come un indice dell’andamento economico di un Sistema Paese. Quando si sente parlare di fiducia delle imprese si fa riferimento alla prospettiva di crescita che queste ultime hanno. Se le prospettive di crescita delle aziende sono basse, queste saranno meno propense ad assumere un lavoratore a tempo indeterminato. Un altro fattore preponderante in questo contesto è
la pressione fiscale sulle aziende, la più alta d’Europa, che contribuisce a stimolare l’uso di contratti atipici.
Le cause istituzionali della precarietà
Il concetto di precarietà ha radici non troppo lontane nel tempo, almeno nella sua forma istituzionalizzata. Molti accademici ed esperti del settore rintracciano il tutto a una serie di interventi legislativi che hanno preso piede in Europa a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso. In Italia, ad esempio, molti imputano alla
Legge Biagi del 2003 l’introduzione delle prime forme di precariato istituzionalizzato. Inizialmente si parlò di maggiore
flessibilità nel mondo del lavoro, con l’introduzione dei contratti part-time e/o atipici volti a rinnovare il mercato del lavoro italiano. Un decennio più tardi ci si accorse che questi tipi di contratti lavorativi avevano creato delle lacune che si sarebbe successivamente allargate fino alla situazione attuale.
Quando una condizione lavorativa può definirsi precaria?
Ci sono diversi fattori che contribuiscono a definire una condizione lavorativa precaria. Questi fattori sono diversi per natura e contesto, ma al tempo stesso si uniscono per creare una definizione di lavoro precario:
- tipologia del contratto;
- presenza di una copertura previdenziale che tuteli il lavoratore in caso di maternità, malattia disoccupazione ecc.;
- presenza di strumenti in grado di fornire supporto economico al lavoratore in caso di perdita dell’impiego;
- l’immobilismo contrattuale, ovvero l’incapacità di transitare da contratti precari a contratti indeterminati;
- la presenza di cambi continui di mansioni lavorative;
- un inquadramento inferiore al titolo di studio;
- il tempo durante il quale il contratto lavorativo si protrae in condizione di incertezza.
La presenza/assenza di questi fattori nella condizione lavorativa di un lavoratore determina il grado di precarietà al quale è sottoposto.
Quali forme di lavoro precario esistono in Italia
Abbiamo constatato l’esistenza di fattori, cause e concause economiche e istituzionali alla base di quella che possiamo definire la condizione di precarietà di molti lavoratori in Italia. Adesso non ci resta che riportare a grandi linee le principali
tipologie di contratti precari:
- contratto a tempo determinato, della durata di 3 anni con possibilità di rinnovo;
- contratto a tempo parziale o part-time;
- contratto a chiamata o lavoro intermittente;
- contratto di somministrazione;
- contratto a progetto, ex co.co.co;
- contratti di lavoro stagionali;
- contratti di apprendistato.
Il nostro modo di combattere il precariato
Il nostro sindacato nasce dall’esigenza di fornire supporto e assistenza ai cittadini comunitari ed extra comunitari che intendono vivere in Italia. Anche se i nostri sforzi sono rivolti verso i cittadini stranieri, abbiamo a cuore la situazione lavorativa dei nostri associati. Così è nata la
divisione Academy, dedicata al mondo della formazione. L’idea alla base del Progetto è che per migliorare la condizione lavorativa dei nostri associati, il primo step è quello di fornire strumenti formativi capaci di
esaltare il potenziale dei lavoratori. Con questo presupposto sono nate partnership con università telematiche, enti di formazione professionale ed enti certificatori. Perché per Welcome Association Italy l’unico modo di combattere il precariato è formando professionisti qualificati.
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