Il dirimpettaio dell’Italia: Il Paese delle Aquile

La storia travagliata tra Italia e Albania ha origini dal basso medioevo: infatti, per gli albanesi di tutte le epoche, l’Italia è sempre stata vista come la porta verso l’Occidente e, di conseguenza, da sempre ha rappresentato la mèta prediletta dei flussi migratori. Per raccontare questa storia, è necessario fare un viaggio nel tempo, partendo dal XV secolo, in un piccolo territorio nel cuore dei Balcani, l’odierna Albania. Un territorio mutilato, diviso e invaso da un esercito all’epoca sempre più imponente: quello dell’Impero Ottomano.

Skënderbeu: L’eroe nazionale

Fu in questo ambiente di terrore, ferro e cenere che nacque il più grande eroe della storia albanese: Gjergj Kastrioti Skënderbeu. Tutto il mondo conoscerà le sue gesta. Bloccando l’avanzata dell’impero ottomano per vent’anni, si guadagnò oltre all’immortalità, l’appellativo “atleta di Cristo e difensore della fede” da Papa Callisto. Skënderbeu si ritrovò prima nemico e poi alleato della Repubblica di Venezia. Dopo il suo decesso, e altri 25 anni di resistenza, molti albanesi fiutarono l’imminente pericolo della definitiva invasione dei Turchi e partirono per l’Italia: la maggior parte si stabilì nelle regioni meridionali, mentre la restante si spinse fino alle regioni del Nord Italia. Dopo cinque secoli di usurpazione ottomana, nel 1912 l’Albania venne dichiarata indipendente. Prima Principato poi Repubblica e infine, Monarchia nel 1928. Durante gli anni della Monarchia, l’Albania si indebitò con l’Italia a tal punto da dipenderne economicamente, fino all’invasione militare del 1939. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, per 45 anni l’Albania scomparve dalla scena internazionale con la presa del potere da parte di Enver Hoxha e del suo partito pseudo-comunista che eresse una recinzione di filo spinato attorno ai confini albanesi.

Il risveglio e l’esodo

Agli inizi del 1991, finalmente il popolo albanese si destò dal suo sonno di morte e, guardando le ossa di quel che era rimasto del proprio Paese, si convinse che il buio andava trafitto e cominciarono le ribellioni. Trovandosi in un ambiente di totale caos, proteste, instabilità, guerra civile e crisi economica, molti albanesi decisero di andarsene, di emigrare, di salvarsi. Così si tuffarono in mare, con quello che trovarono: gommoni, barconi, navi per scappare dalla morsa dell’incertezza. E dove potevano dirigersi se non nella tanto ambita, adorata e vicina Italia https://www.waitaly.net/2021/07/05/fascino-italia-stranieri/)? Nell’Italia delle luci, della musica ascoltata di nascosto, di Sanremo, visto nelle TV in bianco e nero con un’antenna fatta di lattine e tappando porte e finestre. Tutti ricorderanno il grande esodo dei primi anni ’90: l’attracco della nave “Vlora” al porto di Bari, che non aveva più le sembianze di una nave poiché si vedevano solo persone. Ventimila persone, molte delle quali racconteranno di quel viaggio infernale e della meravigliosa ospitalità dei cittadini baresi. Dopo una tormentata storia di accettazione, adattamento e integrazione finalmente forse siamo riusciti a trovare una simbiosi. Oggi, la comunità albanese è la seconda più grande in Italia. Molti hanno acquisito anche la cittadinanza italiana, molti sono nati in Italia, molti continuano ad arrivare con visti e permessi di soggiorno per studio, ricongiungimento familiare o altro, ma non fanno più notizia perché i riflettori vengono puntati altrove.

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